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Attese paziente il momento giusto, e quando il cobra facendo ondeggiare la testa come in una macabra danza fletté il corpo all'indietro pronto a portare il primo micidiale attacco, Ahmes scalciò, imprimendo al colpo la massima velocità e potenza, puntellandosi sui gomiti e usando la parte superiore del corpo come fulcro. Come se la scena si svolgesse al rallentatore vide le proprie gambe unite a martello abbattersi sul sottogola squamoso del rettile. L'enorme corpo serpentiforme del cobra, irrigidito nell'azione d'attaccare, volò letteralmente sul pavimento. 

Non aveva ancora toccato terra che Ahmes, ..lesto come un gatto, sceso dall'altro lato, aveva giacché afferrato da sotto il pesante letto e glielo aveva scaraventato addosso.

Senza perdere un attimo, con il cuore che gli martellava nel petto e il soffio agghiacciante del serpente nelle orecchie, si precipitò a rotta di collo giù per le scale.   

Scendendole a due a due per poco non andò a sbattere contro Harab.! Il sicario se ne stava acquattato nell'ombra dietro la grande testa d'avvoltoio che troneggiava nell'atrio. Un meraviglioso blocco di alabastro nero e lucido che raffigurava Mut, dea di Tebe, sposa di Amon e madre di Khonsu. Con il cuore in gola,  Ahmes si appiattì al muro risalendo qualche scalino, sino a che tastando con la mano, non trovò la nicchia sunella parete. Vi si rannicchiò in attesa che il battito tornasse a una parvenza di normalità. “Chi diavolo è quello sconosciuto e dove sono le guardie all'ingresso? ..E soprattutto perché costui impugna nella sinistra una daga? Rifletti, pensa, Ahmes! Il cobra reale, un uomo armato di spada in attesa nell'ombra, nessuna guardia all'ingresso! Cosa stava succedendo?» si chiese tergendo con il dorso della mano il sudore dalla fronte.

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